A dispetto di quanto si possa pensare in Italia circolano ancora giovani, ottimi musicisti e forse sarebbe ora di affiancare allo sconforto della realtà che ci circonda, questi bei doni a cui manca solo un'adeguata diffusione. In questa puntata mi soffermo sul trio improvvisativo, presentandone 3 inconsueti, per forma, sostanza e contenuti artistici. Dedicherò un post separato a ciascuno di loro.

Sul sito bandcamp di Gazzi potete già trovare un giovane ma completo percorso di un musicista che si distingue per la sua attenzione agli aspetti tecnici della strumentazione: in quel posto, tra le cose che non ho avuto modo di commentare, vi invito all'ascolto delle improvvisazioni che il percussionista ha effettuato lo scorso anno in duo con Daniele Principato, un ulteriore ed ottimo assaggio di quel passaggio stilistico che sembra potersi individuare con Corpora Soni; tutta la concettualità viene sviluppata in un'ipotesi ridotta al minimo, dove il kit che sorregge i colpi antropomorfi di Gazzi è costituito da poche percussioni e preparazioni (un rullante, un timpano, 2 aste, un tavolino porta oggetti, 3 piatti e 3 woodblock).
Con Rehearsal I, l'esperienza di Gazzi (ciò che egli definisce Liarss methods) si arrichisce di un astrattismo che viene sistemato nell'improvvisazione alla stessa maniera con cui compaiono i colori definitivi di un dipinto di cui inizialmente si potevano solo scorgere con una certa approsimazione dimensioni e strati. Due registrazioni a Modena, nel dicembre 2018 e a gennaio di quest'anno, che contengono 9 improvvisazioni, alcune più lunghe, altre più brevi, che riescono a tracciare molti scenari della nostra migliore immaginazione musicale, merito anche di Perciballi (del cui valore ho già molto parlato in queste pagine) e della Moro, una giovane violoncellista di Padova, con una passione di eguale misura per la pittura e la scrittura.
La musica? Possiamo senza dubbio permetterci di indicare un sinfonismo eterogeneo, che nelle sue divisioni accoglie un'armonica libertà esecutiva, con mini-ritualità, pezzi di modernismo musicale, caos controllato. In Improvvisazione I Gazzi estrae profili gestuali che si materializzano alle nostre orecchie come timbriche sonore frutto di un approccio specifico: Luca li chiama "grovigli", per via del fatto che forniscono una sequenza (alto basso, destra sinistra, circolare o combinazioni diverse con i due arti); non gli sono da meno Perciballi e Moro, in grado di intonare una trama trasversale, musicalmente disposta per esprimere le velleità di un fascinoso live painting: un pezzo di gran effetto!; in Improvvisazione III, il clima caustico creato da un pattern chitarristico di Perciballi si spezza ad un certo punto in un soave om, mentre in Improvvisazione V, Gazzi si impegna con Perciballi e Moro in un gioco elettrizzante, tra ciò che sembra un tam tam, un timbro di chitarra impostato sul fischio di Morricone (assolutamente irriconoscibile) e un cello volutamente distraente: si ha l'impressione di entrare in un vicolo stretto, ma anche di trovare molta animazione in esso; Improvvisazione VI si apre con droni evangelici, per poi lasciar spazio ad una fase più acida ed atonale, in cui Gazzi impone un implacabile parte percussiva; Improvvisazione VII sviluppa un suono più granitico, che poi si smorza nell'oscurità e nella segnalazione di un rito, mentre Improvvisazione VIII è più libera di esprimere casualità, con utilizzo di tecniche estensive tutte liberamente sincronizzate per ottenere un particolare effetto ritmico, che è anche sistemazione di una narrativa real time.