Imposto una riflessione sul termine "progressivo". Così come in altri campi, in musica la connotazione esatta del suo significato è stata collegata alla visuale seguita: normalmente una musica progressiva dovrebbe essere qualcosa che salvaguardia le regole migliori della musica, sposta l'ottica temporale in avanti rispetto alla data in cui viene prodotta, si vanta di poter essere un'espressione dell'arte. Adorno divise il mondo in due allorché scrisse che la musica di Schoenberg era totalmente lontana da quella conservativa di Stravinsky e, nonostante oggi molti autori ne hanno ridimensionato la portata divisiva, la sua tesi conserva un certo favore verso un intellettualismo musicale, che può essere coltivato solo attraverso le conoscenze, una discriminante che viene messa in discussione a corrente alternata anche nelle diramazioni meno colte della musica: non tutti sono in grado di comprendere un certo tipo di jazz o non sono in grado di cogliere in maniera decisiva i rapporti artistici di un certo rock in tendenza (l'occulta concettualità del progressive).
Meglio di Adorno, sulla questione delle competenze e della soggettività con cui si devono affrontare gli ascolti, ci fu un uomo che si espresse in maniera impeccabile: Carl Dahlaus apriva il suo Analisi Musicale e giudizio estetico, affermando che "..l'idea che i giudizi estetici siano solo ed esclusivamente soggettivi è un luogo comune dal senso vago e indeterminato, ma dalla funzione ben chiara: il suo scopo è quello di render superflua la riflessione e la giustificazione razionale...."; è grazie a Dahlaus che si fa strada una sana definizione del progressismo musicale, dettata da fattori che hanno a che fare proprio con la valutazione estetica: se è vero che ogni essere umano percepisce la musica con criteri diversi e a seconda del suo grado di preparazione (primo livello di giudizio), è anche vero che esiste un'area intoccabile di conoscenze ed emozioni su cui si converge tutti. I più preparati potranno divergere al massimo per un 15-20% delle loro idee, tutto il resto della percentuale si addensa in una sostanziosa area di oggettività. Anche sui movimenti progressivi, dunque, resta applicabile questa considerazione e la capacità di riconoscere la concezione di un'epoca.
Detto questo, quali sono gli elementi che possono aiutarci oggi a riconoscere quell'aurea zona? In un momento in cui si continua a parlare di ciclo esaurito della musica, esiste ancora un canale progressivo?
Molte delle risposte si annidano nelle libertà della musica e mi piace sottolineare come siano molti i musicisti che tentano di effettuare un aggiornamento reale, privo di retorica e come, per la parte italiana, molti di loro siano in qualche modo affiliati o affiliabili alle idee della Tai No-Orchestra, un organo pensante di cui qui riprendo l'ampia oggettivazione del loro manifesto musicale: "...fertile, viva, intensa, libera, curiosa, attraente, fresca, misteriosa, aperta, antartica, colorata, globale, fantasiosa, inaudita, complessa, bizzarra, potente, utopica, essenziale, brillante, astratta, avventurosa, indagatrice, concreta, sensuale, spiritosa, poetica, leggera, molteplice, gioiosa, inconsueta, profonda, dispettosa, creativa, unica....".
Sulla scorta di questa ampia selezione di qualità ed immagini, sento di poter verificare un potente principio progressista in un paio di lavori recenti realizzati in formazioni allargate a quattro e cinque elementi: i Suonomadre e i Pipeline.
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In Us non ci sono raddoppi che funzionano all'unisono, chitarre e contrabbassi propongono uno scenario creativo, graduale, dove si lanciano note od accordi estemporanei, si pizzicano note, si lavora sulle parti esterne alle cordiere e non mancano la dissonanza e gli effetti. E se già Rivulus o Fluvius sono entrambe riuscite nella loro capacità di debordo subliminale, è su Crocus che si fanno scoperte eclatanti, con le velocità che crescono in un pezzo di 7 minuti corali, in grado di farvi ricordare e dimenticare contemporaneamente i Soft Machine più sperimentali.